Molte diete falliscono, magari dopo un iniziale apparente risultato perché non tengono conto dell’aspetto psicologico dell’alimentazione.
Qualche anno fa uno studio inglese ha evidenziato come il semplice ricorso a farmaci antiobesità abbia uno scarso effetto nella perdita di peso se non viene associato a un percorso psicologico.
Sovrappeso e obesità in Italia
Secondo il Rapporto Osservasalute 2018, in Italia più di un terzo della popolazione oltre i 18 anni è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa.
Il documento sottolinea come, all’incremento dell’età corrisponda anche un aumento ponderale: il sovrappeso passa dal 14% della fascia tra i 18-24 anni al 46% tra i 65-74 anni; mentre l’obesità passa dal 2% al 15% per le stesse fasce di età. In più, sovrappeso e obesità sono più diffuse tra gli uomini rispetto alle donne.
Siamo quindi di fronte a un problema che da individuale sta diventando sempre più sociale. Diabete, ipertensione, problematiche osteoarticolari, patologie oncologiche e cardiocircolatorie sono le principali patologie associate all’aumento di peso.
Con pesanti ricadute sulla salute e costi non indifferenti anche per la collettività.
Evitare gli intrugli miracolosi
Ma dimagrire non è facile. Un aforisma di Mark Twain recita:
“Nel corso degli ultimi quindici giorni sono stato a dieta: quanto ho perso? 15 giorni”.
Spesso molte persone ricorrono a rigide diete, magari vicino all’inizio del periodo estivo. Qualcuno si affida a magiche pillole che promettono risultati immediati inverosimili. Altri ancora acquistano intrugli miracolosi che garantiscono di togliere per sempre i chili di troppo.
A dieta considerando le emozioni
Il cibo non è la semplice somma di carboidrati, proteine, grassi e zuccheri. Esso è da sempre associato indelebilmente con aspetti culturali, sociali e psicologici che lo rendono unico. Considerare una dieta come il semplice bilanciamento di sostanze nutritive è un po’ come di fronte alla maestosità di una cattedrale analizzare unicamente la composizione dei mattoni.
Non è possibile pensare al regime alimentare in termini di semplice somma di nutrienti. Va sempre considerato l’aspetto psicologico dell’alimentazione.
Mangiare non è “fare il pieno”, ma è connesso a un insieme di vissuti che attingono a credenze, valori, emozioni, ricordi.
Proust, nel libro “Alla ricerca del tempo perduto”, descriveva così l’effetto del semplice assaggio di un biscottino:
“Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato senza nozione della sua causa. M’aveva subito reso indifferente alle vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nello stesso modo in cui agisce l’amore, colmandomi di un’essenza preziosa.”
Spesso sovrappeso e obesità sono l’effetto di un disagio psicologico dove il cibo appare come un anestetico del dolore, dell’insoddisfazione, dell’ansia.
Mangiando si nascondono problemi emotivi che si fatica ad affrontare in altra maniera.
È quindi fondamentale intraprendere un regime dietetico sano che tenga conto anche degli aspetti psicologici dell’alimentazione.
Evitare diete troppo severe
Inoltre, è importante evitare soluzioni troppo severe: nella dieta “sette chili in sette giorni” i cibi “proibiti” presto diventeranno irrinunciabili, aprendo la porta a improvvise abbuffate.
È meglio perdere poco in maniera costante, che tanto in poco tempo. Un successo iniziale di una dieta restrittiva crea l’illusione di riuscire a mantenere per sempre il peso desiderato. Quanto più sarà rigida questa aspettativa, tanto più anche piccoli scostamenti dal peso forma saranno vissuti come fonte di intollerabile frustrazione.
Di Marco Monti
*Direttore Uoc, Psicologia Ospedaliera, Dipartimento Oncologico Ospedale Bellaria, presidente dell’Attivismo Quantico europeo, Bologna