di Massimo Piovano, esperto di Psicologia e Comunicazione
Perdonare, per molti è impossibile. E questo accade perché non si ritiene corretto perdonare chi ci ha trattato male, chi ci ha offeso ingiustamente o ci ha danneggiato. Eppure, il perdono è una scelta possibile da cui scaturiscono forza, amore, benessere.
Ne è convinto lo psicoterapeuta Alberto D’Auria che nel suo libro Il potere terapeutico del perdono (Sugarco, pp. 155) scrive:
“Il perdono diventa un atto di liberazione, un comportamento che assume rilevanza dal punto di vista psicologico oltre che spirituale. È un percorso che aiuta a stare bene e che accompagna l’essere umano nel cammino di realizzazione personale e sociale”.
Cosa significa perdonare?
Se consultiamo il Dizionario etimologico della lingua italiana, alla voce “perdonare” troviamo scritto:
“Assolvere qualcuno dalla colpa commessa, condonare a qualcuno l’errore commesso o ancora remissione d’una colpa e del relativo castigo”. In pratica, assolvere qualcuno per la colpa commessa non significa cancellare ciò che ha fatto, ma riconoscerne l’esistenza per poter andare avanti e passare oltre.
Il perdono è un dono che facciamo non solo all’altro che ci ha ferito, ma soprattutto a noi stessi, per ritrovare quella serenità perduta.
Un atto complesso
Il perdono non è qualcosa di leggero. Al contrario, è un atto complesso, profondo e molto personale che richiede tempo e fatica. Per prima cosa perdonare non significa dimenticare, né negare l’esistenza di un evento. Negare a noi stessi che quell’individuo ci ha provocato dolore non risolverà il problema.
Al contrario, dobbiamo dare il “benvenuto” al dolore. Interiorizzarlo, essendo consapevoli che il male fa male. Non ci sono scappatoie. Contrariamente a ciò che si è soliti pensare, riconoscere che stiamo male, ammettere che qualcuno o qualcosa ci ha ferito è un buon inizio per lasciare spazio a sentimenti positivi come la compassione e la comprensione dell’altro.
Accettare la collera e la voglia di vendicarsi
Il desiderio di vendicarsi non è altro che il bisogno di riversare sull’altro il dolore per quello che ci è stato fatto. Reazioni come rabbia e paura sono normali. Non c’è nulla di male in tutto ciò e non dobbiamo sentirci in colpa. Ciò che deve farci preoccupare è quando tali sentimenti assumono un effetto distruttivo per noi stessi e per gli altri
Vendetta e perdono
Si tratta di fare una scelta: decidere di passare il resto della nostra vita a covare risentimento, rabbia e desiderio di vendetta per quello che ci è stato fatto oppure decidere che per stare meglio non serve necessariamente ripagare l’offensore con la stessa moneta. Poiché anche dopo aver realizzato la vendetta la nostra rabbia non diminuirà affatto.
Dare un senso all’offesa
Dopo aver riconosciuto il carattere sofferente di questa esperienza, affinché non assorba tutte le nostre energie, è bene che queste le trasformiamo in qualcosa di positivo. Non è importante quello che ci è accaduto, ma il significato che gli diamo. Questo è un punto davvero fondamentale.
Se consideriamo un evento come un’esperienza orribile che non potremo mai perdonare né dimenticare, porteremo questa ferita per chissà quanto tempo. Capisco che può sembrare assurdo, ma di fronte a un torto o a una sofferenza è bene chiedersi: “Che cosa c’è di buono in quello che mi è successo?». Anche se inizialmente non troveremo nulla di buono, non preoccupiamoci, perché la mente scorre là dove il pensiero fluisce.
Condividere la propria ferita con qualcuno
Non teniamoci tutto dentro perché rischieremo, prima o poi, di esplodere. Raccontare a una persona per noi importante quello che ci è accaduto ci consente di fare emergere le nostre emozioni.
Confidare il proprio dolore è un po’ come scacciarlo da dentro sé stessi. In alternativa, possiamo utilizzare la scrittura. Scrivere su un diario il proprio dolore e come ci si sente ha una funzione terapeutica molto importante.
Iniziare da sé stessi
Non possiamo perdonare nessuno se prima non sappiamo perdonare noi stessi. Si tratta di un passaggio essenziale, senza il quale non si dà alcun perdono. Il perdono dell’altro è un gesto che non può esistere a prescindere dall’accettazione di sé, dei propri limiti e del fatto che neanche noi siamo perfetti.
Non ostinarsi a voler perdonare a tutti costi
Il perdono non è solo un atto volontario, ma un’esperienza spirituale, nella quale occorre lasciarsi andare e abbandonare ogni tentativo di controllo. Come afferma Jean Monbourquette nel suo libro L’arte di perdonare (Edizioni Paoline, pp. 226), indicato per chi è credente:
“Perdonare non è un dovere, qualcosa da imporre a sé stessi, ma qualcosa di spontaneo. Qualcosa che proviene da Dio. Il perdono, perciò, non è tanto un comandamento, ma uno stile di vita di chi ha il cuore libero e ricolmo di Grazia. Questo significa affidarsi a Dio e avere fede in lui e nel suo Amore”.
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