di Giuliana Lomazzi
L’olio di semi è più leggero… Si sente spesso ripetere questa affermazione, che spinge alcune persone a prediligere l’olio di semi per gli usi in cucina. Ma sbagliando.
Per smontare questo falso mito alimentare, bisogna fare una premessa e chiarire dei punti fondamentali. “Per prima cosa bisogna valutare la composizione degli oli”, spiega la dottoressa Carla Ferreri, primo ricercatore del Cnr ed esperta di lipidomica.
“Quelli di semi e di oliva sono molto diversi tra di loro.”
I primi (per esempio girasole o mais) contengono omega 6, il secondo prevalentemente grassi monoinsaturi più una piccola percentuale di omega 6. A questi si affiancano altri oli di semi o frutti come gli oli di lino, canapa e noci, che hanno invece omega 3”. Tutti questi lipidi sono importanti (non a caso sono detti acidi grassi essenziali.) e devono essere tutti nella dieta; usando solo extravergine mancano i polinsaturi, soprattutto omega-3, degli oli di semi, e viceversa.
“I benefici degli oli derivati dai vegetali sono forniti anche da altri ingredienti, diversi a seconda della pianta di origine”, prosegue l’esperta. “Polifenoli (nell’extravergine d’oliva), terpeni, vitamine liposolubili come la E. Per esempio l’olio di zucca, che di base ha gli omega 6, contiene la vitamina E, il sesamo il 50% di grassi monoinsaturi, omega 6, vitamine del gruppo B e acido folico. Alcune componenti, come la vitamina E, sono antiossidanti che proteggono la pianta e l’olio stesso dalla degradazione.
Così finché sono usati a crudo, mescolando i vari tipi in proporzioni adeguate in modo da avere tutti gli acidi grassi e alternando i semi, non ci sono problemi.
Cosa succede in cottura
La musica cambia quando si passa alla cottura. “È noto che le fritture in olio extravergine hanno un sapore più intenso rispetto a quelle fatte in olio di semi”. Da qui è nata l’idea, errata, che i secondi siano più leggeri.
“Gli oli di semi, più ricchi di polinsaturi, si alterano rapidamente a causa del calore raggiunto in frittura e dell’ossigenazione. Non avendo poi una buona quantità di fattori interni protettivi, come invece nell’extravergine, non c’è nulla che attenui i danni”. Così ingeriamo oli fortemente danneggiati, nient’affatto leggeri per il fegato e neanche meno ingrassanti dell’extravergine, visto che la differenza di calorie è irrisoria. A diffondere l’idea che l’olio di semi sia più vantaggioso ha contribuito anche il suo costo sensibilmente più basso, che comunque non deve costituire un criterio di scelta perché spesso si associa a una qualità inferiore.