Adolescenti e depressione

da | 5 Apr, 2022 | Psicologia

Di Paola Emilia Cicerone

Aumentano i disagi psichici tra gli adolescenti, dall’ansia alla depressione. E i genitori si trovano spesso spiazzati, non sapendo che fare. I consigli degli specialisti per orientare gli interventi più indicati.

Che sta succedendo a ragazze a ragazzi? Il Covid ha acuito malesseri tipici dell’adolescenza facendo emergere nuovi problemi, e il risultato è drammatico. Secondo l’Osservatorio nazionale adolescenza, nell’ultimo anno il 25% dei giovanissimi ha sperimentato vissuti depressivi e il 20% problemi legati ad ansia, disturbi di panico e fobia sociale. Secondo i dati emersi dagli sportelli di ascolto organizzati dall’osservatorio nelle scuole sono aumentati anche autolesionismo, atti di bullismo e disturbi del comportamento alimentare.

 

“Il problema è la paura di vivere, i vissuti depressivi di fronte a una realtà difficile. Ci sono ragazze e ragazzi che non vogliono più andare a scuola o uscire di casa”,
spiega la direttrice dell’Osservatorio adolescenza Maura Manca (www.adolescienza.it).

 

L’età dei casi diminuisce

Anche negli studi di psichiatria l’età dei pazienti si è abbassata. Sono in aumento i ricoveri in neuropsichiatria o in pronto soccorso dovuti a stati di agitazione grave, autolesionismo o minacce di suicidio.
Credo che la pandemia abbia accelerato un fenomeno già in corso. Che da alcuni anni vede anticipare l’esordio dei problemi più seri”, osserva Sergio Astori, psichiatra e psicoterapeuta.

Un cambiamento dovuto a fattori diversi. “Una maggiore attenzione nei confronti della fragilità, la diffusione di sostanze di abuso ma anche, e questo è positivo, il fatto che i ragazzi di oggi siano in grado di manifestare un malessere e formulare richieste di aiuto”, prosegue lo psichiatra. Pensiamo per esempio al successo di Zerocalcare, che mette in scena la rinuncia alla vita di una ragazza. O dell’olimpionica Simon Biles che non ha esitato ad ammettere la difficoltà di fronteggiare i propri “demoni”.

“Oggi c’è uno spostamento del tipo di disagio. Ci sono studi che mostrano come stiano emergendo meno aggressività e atteggiamenti di ribellione, che sono un comportamento tipico dell’adolescenza, e più infelicità, forme di ritiro sociale che potremmo considerare un moderno eremitaggio. Accompagnate da una difficoltà di accettare i cambiamenti del corpo, come mostra la diffusione dei disturbi del comportamento alimentare”.

Alfio Maggiolini, psicoterapeuta e docente di Psicologia del ciclo di vita presso l’università di Milano-Bicocca.

 

Tra reazioni funzionali e patologiche

Anche se bisogna distinguere la fisiologica reattività dell’adolescenza dalla fatica di adattarsi alla pandemia, un problema che in qualche modo ci riguarda tutti. “Il tratto di nevroticità della popolazione in generale oggi è molto elevato. E si tratta di una reazione sana di fronte a un evento stressante, rispetto per esempio a un atteggiamento persecutorio-paranoicale”, osserva Astori.

A preoccupare semmai è la dimensione sfiduciata di chi arriva a percepire il mondo come invivibile, ed è portato a ritirarsi in casa”.

Certamente il post Covid ha effetti pesanti. Anche per le difficoltà economiche che si porta dietro”, osserva Maggiolini, “o per chi si trova in situazioni di particolare fragilità. Come quelle che vivono gli immigrati di seconda generazione, meno attrezzati anche culturalmente a fare fronte all’emergenza”. Considerando che, di fronte alle inevitabili tensioni in famiglia, ai ragazzi è mancata per mesi la possibilità di allontanarsi uscendo di casa. “Da questo punto di vista, la seconda fase della pandemia è stata più difficile”, ricorda Maggiolini.

All’inizio c’era paura ma anche entusiasmo, e la sensazione di essere di fronte a una crisi passeggera. Poi il protrarsi del lockdown e il crescente ricorso alla Dad hanno sottratto ai ragazzi occasioni di socializzazione. Di condivisioni fatte anche di vicinanza fisica, di vivere le prime relazioni sentimentali”.

Anche per questo durante la pandemia i ragazzi hanno iniziato a chiedere aiuto sul web, esponendo i propri disagi, attacchi di panico o altri problemi. Magari raccontandoli in video: “In questo modo la rete è diventata un diario pubblico ma anche una sorta di sportello virtuale di aiutoaiuto, contribuendo a sfatare il timore di mostrarsi vulnerabili”, osserva Manca, “anche se in casi come questi c’è sempre il rischio di un effetto contagio”.

Ovviamente, non tutti esprimono il disagio allo stesso modo. Ci sono differenze di genere. ll comportamento dei maschi è più esternalizzato, portato all’azione, alle esplosioni di violenza fisica nei confronti dei genitori ma anche di estranei. Quello delle femmine più internalizzato. L’aggressività di solito è verbale e si rivolge a familiari o comunque a persone che appartengono alla propria cerchia.

In parte si tratta di fenomeni fisiologici legati all’adolescenza. Un’età di evoluzione che comporta rischi di destabilizzazione da vari punti di vista, dal controllo degli impulsi alla relazione col piacere. La violenza dei giovani maschi, per esempio, è un fenomeno noto da sempre. Ne parlava perfino Shakespeare.  E oggi anche internet gioca un ruolo, spettacolarizzando risse che sono molto fisiche ma spesso convocate tramite Internet, e poi amplificate dalla rete.

In linea di massima si calcola che un terzo dei ragazzi attraversi l’adolescenza senza troppi problemi, mentre uno su cinque può avere serie difficoltà. Bisogna anche considerare che i giovani mostrano il loro disagio in modo diverso dagli adulti. La depressione per esempio può esprimersi con somatizzazioni o attacchi al corpo. Rabbia o comportamenti distruttivi, cui si aggiungono una visione negativa di sè e del mondo, con una sensazione di aver perso di vista il futuro.

 

Come risconoscerli

Quali sono i segnali di allarme cui prestare attenzione? Il sintomo più diffuso ed eclatante tra chi è veramente in crisi è il ritiro sociale, giustificato da attacchi di panico o ansia acuta che portano i ragazzi a uscire sempre meno e a non andare a scuola, arrivando a perdere anni scolastici.

Spesso anche manifestazioni etichettate come dipendenza da Internet sono in realtà forme di ritiro legate all’incapacità di dare un senso e un orientamento al tempo che scorre. Un atteggiamento che disorienta i genitori. Che si sentono impotenti di fronte a un comportamento che è anche un rifiuto della famiglia, dei fratelli,. E spesso finiscono col portare i pasti in camera al figlio, o lo vedono alimentarsi andando in cucina nelle ore notturne.

Meno diffuso ma in aumento, soprattutto tra le ragazze ma non solo, è l’autolesionismo. Il tagliarsi soprattutto sulle braccia o a volte nell’interno coscia. Un modo di scaricare tensioni provocandosi un dolore fisico e attivando reazioni fisiologiche che danno sollievo. Un fenomeno che può essere legato alla difficoltà di gestire la rabbia e a volte si accompagna con altre patologie, come disturbi dell’alimentazione.

Senza dimenticare che ci sono anche casi in cui un occasionale comportamento autolesionista può essere una delle tante esperienze occasionali che i ragazzi fanno durante l’adolescenza, per provare o imitare un amico, senza che ci siano dietro condizioni patologiche gravi.

Più preoccupanti  le allusioni al suicidio o i veri e propri tentativi. I ragazzi parlano spesso di togliersi la vita, ma ora stiamo vedendo un passaggio all’atto troppo repentino, senza riflettere. Se questo è un atteggiamento tipico dell’adolescenza, oggi però sembra diventare un modo per non affrontare o affrontare in modo disfunzionale problemi che spaventano, come un brutto voto o una lite.

Genitori spiazzati

E spesso i genitori si trovano poco attrezzati a gestire le emergenze. Molti sono increduli di fronte a un grave disagio dei figli.
“Spesso sono convinti di non aver fatto mancare loro nulla, senza rendersi conto che i più giovani hanno necessità di sperimentare. Di mettersi alla  prova, di scoprire da soli quale sia la forma matura per loro più soddisfacente”. Rimettere subito i ragazzi al centro della scena familiare e sociale è l’antidoto per evitare di confrontarci in futuro con adulti bloccati in un’eterna adolescenza”.

Senza dimenticare che stiamo vivendo una situazione di cambiamento radicale della società. Pensiamo a come si stanno riorganizzando i ruoli familiari, al cambiamento del ruolo femminile.

Oggi la famiglia è certamente più democratica rispetto al passato ma c’è anche più disorientamento. Le relazioni tra genitori e figli sono più strette ma anche più paritarie. E anche i ruoli sessuali si fanno più confusi, come se i ragazzi rivendicassero la libertà di definirsi. Ci sono sempre più ragazzi che si definiscono gender fluid. Siamo di fronte a una generazione in rapido mutamento.

 

Il ruolo della famiglia e delle istituzioni

Si tratta di problemi che hanno anche una dimensione sociale. Per questo è necessaria una risposta delle istituzioni alla crisi degli adolescenti. E’ importante offrire percorsi di crescita, la sensazione che ci sia la possibilità di acquisire competenze spendibili. Oggi infatti c’è molta insicurezza, sia da parte dei genitori che dei ragazzi. In genere i genitori sono iperprotettivi, però i ragazzi non devono essere solo protetti, ma soprattutto aiutati a superare le loro paure rafforzandone l’autostima.

 

Il messaggio da trasmettere è ‘ce la puoi fare’”

 

Insomma, dobbiamo imparare a parlare di risorse e non solo di problemi, che spesso dipendono da aspettative distorte delle famiglie. Si spiega così perché a volte emergano comportamenti devianti o francamente illegali in ragazzi cresciuti in famiglie equilibrate e serene. Ci sono casi in cui i genitori hanno aspettative troppo elevate, a volte sembra che chiedano al figlio una sorta di risarcimento per i sacrifici fatti”. Ma ci sono anche casi in cui proiettano sui figli le paure nei confronti del futuro e dei suoi pericoli, che rischiano di diventare profezie autoavveranti.

 

adolescennti e depressione

Come intervenire? 

Quando si tratta di adolescenti, di cui non conosciamo ancora la struttura di personalità definitiva, bisogna essere molto prudenti. Occorre letteralmente aprire la porta di casa a consulenti esperti nella lettura delle relazioni familiari, e con il loro aiuto iniziare a correggere le dinamiche disfunzionali.  In ogni caso è importante cercare di costruire un rapporto di fiducia, di confidenza.

Anche se è difficile farlo con ragazzi che si autoescludono, per capire quale tipo di sofferenza si sta manifestando. A volte i ragazzi hanno perso fiducia nelle loro capacità, si sentono dei buoni a nulla e non vedono sbocchi.

A volte può essere appropriato un intervento psicologico a livello individuale. Ma in molti casi più che di curare, si tratta di individuare il problema, aiutando i genitori a farsene carico.  Anche se ci sono casi in cui servono i farmaci. Non dimentichiamo che la tarda adolescenza è l’età in cui esordiscono molti disturbi mentali.

Quando possibile la psicoterapia è sicuramente l’approccio più diffuso ed efficace. I farmaci devono essere usati con cautela e prescritti da uno specialista. Purtroppo a volte sono necessari.

Per riequilibrare il ritmo sonno veglia o superare situazioni di ansia acuta, sintomi che ostacolano un recupero in tempi brevi. Un intervento tempestivo può servire a evitare la cronicizzazione dei disturbi  anche tentativi di automedicazione che possono sfociare in consumo di sostanze o alcol o gioco compulsivo. Apparenti ansiolitici che poi si trasformano in dipendenze.

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L’aspetto psicologico del’alimentazione

 

Il ruolo della scuola  – Un posto per trovare aiuto

Per molti ragazzi la scuola è il luogo in cui emergono i problemi, ma anche una prima opportunità per trovare ascolto e aiuto. “Proprio lavorando all’interno delle scuole abbiamo riscontrato un aumento di richieste di aiuto”, spiega la direttrice dell’Osservatorio adolescenza Maura Manca. Gli sportelli di ascolto come quelli gestiti all’osservatorio esistono da anni, ma oggi sono più diffusi in passato.

Una volta si chiamavano Cic, Centro informazione e consulenza, ed era la scuola che li organizzava appoggiandosi ad associazioni o altre realtà. Mentre oggi per attivarli è necessario promulgare un bando in base alle competenze richieste”.

Ma è soprattutto l’atteggiamento dei ragazzi a essere cambiato: “Un tempo, quando presentavamo queste iniziative nelle classi, spiegando che lo sportello sarebbe stato a disposizione per chi aveva problemi o semplicemente bisogno di parlare, i ragazzi si mostravano piuttosto restii. E spesso quelli che entravano in contatto con noi avevano già problemi gravi”, spiega la psicologa.

Durante la pandemia le attività si sono fermate. Vista la difficoltà di proporre on line questo tipo di iniziative per motivi di privacy e burocratici, alla ripresa c’è stata un’enorme richiesta di ascolto e una maggiore disponibilità a esporre i propri problemi”, sottolinea Manca. Un dato sicuramente positivo.

 

Segnali da capire e azioni efficaci

  • Ragazzi e ragazze reagiscono al disagio in modo diverso dagli adulti. La depressione può esprimersi con ritiro sociale, ma anche irritabilità o comportamenti aggressivi.
  • Attenzione ai campanelli di allarme. Perdita di interesse per le attività preferite, calo del rendimento scolastico, autocritica eccessivamente severa, sentimenti di inutilità o disperazione sono segnali da non sottovalutare. Particolarmente se protratti nel tempo.
  • È fondamentale stabilire una comunicazione con i ragazzi. Ascoltarli senza farli sentire giudicati e senza minimizzare i loro problemi.
  • Bisogna cercare di trasmettere fiducia e serenità. Ansia e fragilità nascono dalla sensazione di non avere capacità o prospettive. E’ importante proporre soluzioni positive. Ricordare che i momenti di incertezza e difficoltà esistono, che anche i genitori li hanno vissuti, e superarli è possibile.
  • Aiutare i ragazzi a rimanere attivi. Incoraggiandoli a dedicarsi ad attività sportive che hanno effetti benefici sull’umore e favorendo la frequentazione degli amici.
  • Svolgere attività insieme ai figli. Magari cercando di seguirli nei loro interessi o di farsi aiutare a utilizzare dispositivi tecnologici o a navigare in rete.
  • Gli sportelli di consulenza disponibili presso scuole e associazioni possono essere un’opportunità per affrontare i problemi e individuare strategie di soluzione.
  • Nei casi più gravi, è indispensabile far intervenire uno specialista psichiatra/psicoterapeuta che aiuti ad alleviare i sintomi più gravi e prevenga la cronicizzazione dei disturbi. Se necessario anche con l’aiuto di farmaci.

 

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