Cuocere in olio è spesso giudicato un errore a causa di squilibri nutrizionali. Una recente ricerca ribalta questa posizione affermando che le verdure, in particolare, risultano più ricche. Il segreto sta nel tipo di frittura
La scienza permette di dire addio ai sensi di colpa riguardo al fritto. Perchè? All’Università di Granada (Spagna) una ricerca condotta da un team di scienziati ha dimostrato che il fritto non fa male: in quantità moderate (non più di due volte a settimana) e a patto che venga fatto bene.
Secondo i ricercatori, alcune verdure mantengono meglio le loro proprietà quando vengono fritte e non bollite. Ebbene sì, la frittura ne aumenta le capacità antiossidanti e il contenuto di polifenoli, creando inoltre una crosticina protettiva che conserva il contenuto di vitamine. La frittura dunque aiuta a prevenire nel lungo periodo, il cancro, il diabete e la perdita della vista.
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La ricerca
I ricercatori hanno condotto delle prove di cottura (utilizzando 120g di cubetti di patate, zucca, pomodoro e melanzane sbucciati), in cui hanno confrontato bollitura, frittura in olio extravergine di oliva e la cottura mista in olio e acqua. A cottura ultimata le verdure sono state esaminate avvalendosi del metodo della cromatografia liquida ad alta prestazione.
Conclusione? Si è potuto appurare che le verdure fritte in olio di oliva avevano un maggior contenuto di composti fenolici. “La frittura è il metodo che produce il maggiori aumenti associati alla frazione fenolica, il che significa un miglioramento del processo di cottura” ha affermato in conclusione la prof.ssa Cristina Samaniego Sanchez a capo del Dip. nutrizionale della facoltà di Farmacia a Granada.
Così anche se può apparire strano, un alimento fritto è più nutriente di uno bollito. Eppoi c’è l’olio caldo, che ha la caratteristica di attivare il fegato, incrementando la produzione di bile: si velocizza il transito intestinale che consente di eliminare le tossine.
“In realtà ci sono anche delle ragioni per evitare i fritti” ricorda Franco Berrino. Per il nostro esperto occorre assolutamente evitare quelli che si incontrano in genere nei fast food, in certe pizzerie e nei ristoranti cinesi. Potrebbe essere infatti possibile che vengano usati degli olii per frittura che siano effettivamente nocivi, come quelli di semi che si ossidano anche alle basse temperature o semplicemente a contatto con l’aria.
Una frittura a regola d’arte parte da alcuni consigli
L’oleologo Luigi Caricato indica le temperature corrette per friggere i cibi a casa:
- 130-145° per gli alimenti ricchi di acqua come verdure, patate e frutta
- 155-170° per alimenti fritti in pastella, infarinati o impanati.
- 175-180° per alimenti piccoli.
Ricordarsi inoltre di friggere in abbondante olio, evitandone il riutilizzo e ricordandosi di non mischiare mai olio crudo all’olio già usato. Friggete un po’ alla volta e asciugate gli alimenti su carta assorbente. Usate sua maestà l’olio di oliva, facendo attenzione a non arrivare a temperature superiori ai 180° per non toccare il punto di fumo (tecnicamente “pirolisi”: sprigiona sostanze volatili di odore e sapore acri, dannose per il fegato).
Nonostante si debbano rigorosamente evitare gli olii di semi, l’eccezione che conferma la regola è l’olio di sesamo che non si ossida nella frittura, grazie al sesamolo: fortemente antiossidante.
Tratto dall’articolo “Siamo davvero fritti” della rivista Vita&Salute edizione di Maggio 2016, di Massimo Ilari